Mandanici (ME), ITA

"Il diavolo incominciò il suo discorso con assorta pacatezza, quasi dolce, ma l'arco delle ciglia si sollevava alto sugli occhi: - Prendi carta, penna e calamaro, Paolo Califano e preparati a scrivere sotto mia dettatura. E scoppiò in una risata che sembrava davvero che fosse scappato dal manicomio. - Scrivi, Paolo Califano, - gli sghignazzò sputandogli zolfo in faccia, non tremare! Oggi, quattro ottobre, è la vigilia della tua morte; scrivi il tuo testamento solenne ... Padre Don Paolo sbarrò gli occhi spenti fuori dalle orbite, tremava come un filo di paglia, ma si trovò seduto sul letto, con un pezzo di tavola sulle ginocchia; e sopra la tavola c'erano penna e carta e calamaio; il diavolo dettava e lui scriveva, senza reagire, soggiogato dalla volontà del demonio, e ogni volta che tentava di dire una parola, di fare un'osservazione, dalla gola gli usciva un ringhio canino, rauco, prolungato. Quando ebbe finito di scrivere e ci mise sotto la sua firma, il diavolo gli strappò il foglio dalle mani e lo rilesse a voce alta, correndo su certi punti e soffermandosi su altri, a sottolineare l'importanza delle affermazioni, così come fanno i notari: "Io Don Paolo Califano, sacerdote, etc. ... lascio a mia nipote Cristina Saracina la vigna di proprietà della Chiesa .di San Paolo e a mia nipote Scolastica Saracina il mondello di pietra dell'Etna che si trova nella sagrestia della Chiesa di Santa Maria, e lascio a Domitella Saracina le pentole di rame con quanto si trova dentro, sigillate nella cassa di quercia con i Serafini dello Spirito Santo; lascio inoltre a Giuseppe e Gregorio Califano, miei nipoti, l'oro della Vergine dell'Odigitria, e lascio tutto il resto e cioè la casa paterna solerata, con suo civilizio e pergola etc. ... e il vignale della Fontanella, di salme otto, confinante con terre di Paolo Saletta etc. ... e i vigneti e i nocellati e i castagneti e le chiuse etc, ... a chi dei miei nipoti, per primo, sarà per abbandonare i comodi della vita ed andrà a vivere per dieci anni come romito sui monti della Novara, a Pizzo Briglio". Finito che ebbe di leggere il testamento, il Diavolo rotolò la carta, la porse a Padre Don Paolo: "Tieni, -gli disse con un ghigno ancora più atroce- chiudila in un astuccio, e, senza tante storie, preparati a morire". Gli sputò dell'altro zolfo in faccia, si ritirò con un salto sino alla porta, l'aprì e scomparve nella tempesta. Padre Don Paolo si teneva con le mani la faccia che gli bruciava, tentò, ancora, di chiamare aiuto, ma tutte le parole gli si erano aggroppate nella gola arida, nemmeno dagli occhi potevano uscire, dalla gola usciva soltanto il ringhio del cane; lo trovò così la serva, allora si mise a gridare lei al posto di Padre Don Paolo, Gesù Sacramentato, misericordia! Aiuto Anime Sante Decollate del Purgatorio! Pietà, Vergine Madre dell'Odigitria! e alle grida della serva Padre Don Paolo faceva eco coi suoi ringhi, continuò a ringhiare per tutta la notte, si assopì -era il miglioramento della morte- all'alba, un'alba così oscura, così stanca, così livida che i contadini rimasero a letto, al tepore delle loro mogli, si svegliarono di soprassalto proprio nel momento in cui l'anima persa di Don Paolo si staccava dal corpo e i diavoli se la portavano con loro in uno scoppio improvviso di tempesta, e le campane spinte dall'uragano si misero a singhiozzare una lamentosa agonia".